Quando un adolescente che fino a poco tempo fa cercava attivamente la compagnia del nonno inizia a ritirarsi, rispondere a monosillabi e preferire la solitudine o gli amici, il dolore che ne deriva è profondo e spesso silenzioso. Molti nonni vivono questa transizione come un rifiuto personale, interrogandosi su cosa abbiano fatto di sbagliato. La realtà è che questo allontanamento rappresenta una fase evolutiva necessaria, seppur dolorosa, che richiede comprensione e strategie relazionali completamente nuove.
La neurobiologia dell’adolescenza: perché il distacco è naturale
Tra gli 11 e i 18 anni, il cervello adolescente attraversa una ristrutturazione radicale che coinvolge principalmente corteccia prefrontale e il sistema limbico. Questa riorganizzazione neurale spinge istintivamente i ragazzi a orientarsi verso il gruppo dei pari, diminuendo la dipendenza dalle figure familiari. Non si tratta di un capriccio o mancanza di affetto: è un processo biologico che prepara alla separazione e all’autonomia.
Il paradosso è che proprio mentre i nonni entrano in una fase della vita in cui cercano maggiore vicinanza emotiva e la possibilità di trasmettere valori e memorie, i nipoti adolescenti necessitano biologicamente di allontanarsi. Questa asincronia genera sofferenza, ma riconoscerla come naturale rappresenta il primo passo verso una nuova forma di relazione.
L’errore più comune: intensificare la pressione relazionale
Di fronte al distacco, l’istinto protettivo porta molti nonni a moltiplicare i tentativi di contatto: telefonate più frequenti, domande insistenti, proposte di incontri che vengono sistematicamente rifiutate. Questa strategia, seppur comprensibile, ottiene l’effetto opposto.
Gli adolescenti percepiscono qualsiasi pressione relazionale come un’invasione dello spazio necessario per costruire la propria identità. Più si insiste, più si allontanano. Il ricercatore Jeffrey Arnett definisce questo fenomeno reactance psicologica: la resistenza che emerge quando percepiamo minacciata la nostra libertà di scelta. I segnali sono evidenti: il nipote risponde con irritazione anche a domande innocue, evita attivamente le occasioni di incontro familiari, i genitori fungono da intermediari obbligati in ogni comunicazione, le risposte diventano sempre più brevi e formali.
Strategie concrete per ricostruire il ponte emotivo
Accettare la presenza leggera
Contrariamente alla cultura relazionale tradizionale che valorizza il tempo di qualità fatto di conversazioni profonde, gli adolescenti contemporanei comunicano attraverso la presenza parallela. Stare nella stessa stanza mentre lui gioca ai videogiochi, guardare insieme una serie senza commentare eccessivamente, condividere un’attività fisica come una passeggiata dove il silenzio è accettabile: queste sono le nuove forme di intimità.
Lo psicologo John Gottman ha dimostrato che le relazioni solide si costruiscono attraverso micro-momenti di connessione quotidiana piuttosto che grandi gesti occasionali. Per i nonni, questo significa ripensare completamente cosa significhi stare insieme.
Diventare una risorsa, non un controllore
Gli adolescenti si avvicinano spontaneamente a chi percepiscono come alleato nel loro percorso di autonomia. I nonni possiedono un vantaggio strategico rispetto ai genitori: non hanno responsabilità educative dirette e possono quindi posizionarsi come figure di supporto incondizionato.

Questo non significa abdicare a ogni valore o principio, ma offrire ascolto senza giudizio immediato, condividere esperienze personali di fallimento oltre che di successo, mostrarsi vulnerabili e autentici. Studi scientifici hanno rilevato che gli adolescenti che mantengono relazioni significative con i nonni mostrano maggiore resilienza emotiva e migliori competenze sociali.
Rispettare i nuovi canali comunicativi
Molti nonni vivono con frustrazione il fatto che i nipoti rispondano a monosillabi di persona ma siano prolissi nei messaggi. Anziché combattere questa realtà, è più produttivo adattarsi. Imparare a usare WhatsApp, inviare meme occasionali, commentare con un emoji i post sui social: questi gesti dimostrano disponibilità ad entrare nel loro mondo anziché pretendere che entrino nel nostro.
La brevità dei messaggi non indica superficialità affettiva. Per la generazione digitale, un vocale di trenta secondi può contenere più autenticità di una conversazione forzata a tavola.
Gestire il proprio dolore senza riversarlo sul nipote
Il senso di esclusione che i nonni provano è legittimo e merita di essere riconosciuto, ma non deve diventare un peso emotivo per l’adolescente. Frasi come “non mi cerchi più”, “ti sei dimenticato di me” o “prima eravamo così legati” generano senso di colpa che allontana ulteriormente.
È fondamentale trovare spazi esterni alla relazione per elaborare questa perdita: confronto con altri nonni nella stessa situazione, supporto psicologico se necessario, investimento in altre relazioni e attività. Paradossalmente, proprio quando i nonni smettono di dipendere emotivamente dalla vicinanza del nipote, creano lo spazio perché quest’ultimo possa avvicinarsi spontaneamente.
Il tempo come alleato prezioso
La fase di massimo distacco adolescenziale raramente dura oltre i 16-17 anni. Studi longitudinali dimostrano che nella tarda adolescenza e nella prima età adulta emerge una naturale riconnessione con le figure dei nonni, questa volta su basi più mature e paritarie.
I giovani adulti cercano attivamente il contatto con i nonni per comprendere la storia familiare, ricevere consigli su decisioni importanti, condividere successi con chi li ha visti crescere. Ma questo riavvicinamento avviene solo se durante l’adolescenza il ponte non è stato completamente bruciato da incomprensioni e pressioni eccessive.
La sfida per i nonni è mantenere la porta aperta senza pretendere che venga attraversata secondo tempistiche e modalità prestabilite. Ogni piccolo segnale di apertura da parte dell’adolescente va accolto con naturalezza, senza drammatizzarlo o strumentalizzarlo per ottenere maggiore vicinanza. Un messaggio di risposta, una risata condivisa, una richiesta di aiuto pratico: sono semi di una relazione futura che necessitano di pazienza e fiducia.
La distanza attuale non cancella il legame costruito nell’infanzia, lo trasforma. E spesso, quando la tempesta ormonale e identitaria si placa, ciò che resta è ancora più solido perché ha superato la prova dell’autonomia.
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